Se, a livello politico, l’elezione del Presidente della Repubblica si muove ancora in un terreno “magmatico”, dove, al momento, l’unica certezza sembra l’indisponibilità del Presidente Mattarella ad un reincarico, per quanto magari “a scadenza”, in modo da permettere all’attuale esecutivo a guida Draghi di arrivare a fine legislatura, con alleanze ancora tutte da definire (non per niente due “nemici” dichiarati come Salvini e Renzi hanno avviato un dialogo costante, cosa considerata inverosimile sino a poche settimane fa), non così si può dire per quanto riguarda le ricadute sulla situazione finanziaria del nostro Paese.
Come più volte ricordato, lo spread, al di là della sua valenza “puramente” monetaria, è un vero e proprio “termometro” sulla “salute” del nostro Paese, in cui la voce “stabilità politica” è una componente molto importante.
Indubbiamente l’evoluzione anche in Italia del Covid a causa della variante omicron e le decisioni assunte recentemente dalle Banche Centrali, con particolare riguardo alla BCE, che ha confermato che con il prossimo marzo porterà a termine il piano di acquisti PEPP da € 1.850 MD, solo in minima parte sostituito da un incremento dell’altro piano APP (Asset Purchase Programme, vale a dire il QE) hanno contribuito all’indebolimento del differenziale tra i nostri BTP e i Bund tedeschi, che nella mattinata di ieri è arrivato a toccare i 141 bp, un livello che non vedeva da ben prima della chiamata di Draghi da parte del Presidente Mattarella.
Una debolezza che però si è accentuata dopo la conferenza stampa dello scorso 22 dicembre, durante la quale Draghi non ha risolto il dilemma sulla continuità dell’azione di Governo sotto la sua guida ovvero se invece è pronto a traslocare sul Colle. Di certo la sua affermazione sul fatto che un eventuale “cambio della guardia” a Palazzo Chigi non avrà conseguenza sull’attività dell’esecutivo (dettata forse più dalla sua riservatezza e mancanza di protagonismo piuttosto che da una “velata” disponibilità a correre per la massima autorità dello Stato) non è passata inosservata agli operatori che, infatti, cominciano a pensare che l’esperienza del Governo stia per giungere al termine, facendo ripiombare il Paese nell’instabilità politica e allontanandolo dagli obiettivi sulla strada del risanamento e delle riforme. Fattori peraltro derimenti per ottenere gli aiuti previsti dal PNRR.
Che la causa della nuova debolezza dello spread non sia solo dettata da elementi “superiori” come il Covid o la BCE lo si può capire guardando a cosa sta succedendo ad altri Paesi mediterranei a noi molto simili per quanto riguarda il peso del debito pubblico in rapporto al PIL. Spagna e Portogallo, peraltro con uno spread pari all’incirca alla metà rispetto a noi (la Spagna è a 77/78 bp, mentre il Portogallo viaggia addirittura intorno a 65/66 bp), infatti, negli ultimi 15 giorni hanno pressochè mantenuto invariato il divario rispetto ai titoli di stato tedeschi. Gli osservatori più attenti additano nell’efficienza del nostro mercato dei titoli di stato (l’unico tra i Paesi del Sud Europa ad avere un future efficiente sui BTP), che consentirebbe agli operatori di usare i nostri titoli come una sorta di “copertura” dei rischi sull’intera area dell’Europa mediterranea, una delle possibili cause. Ma, se anche fosse, è probabile che sarebbe una valutazione piuttosto marginale sui movimenti dell’ultimo periodo (inspiegabile che noi si passi da 100 bp a 141 bp mentre i “nostri simili” rimangono immobili….).
Ieri sera chiusura in forte rialzo per Wall Street, con il Nasdaq a + 1.59%, il Dow Jones a + 0,98% e S&P a + 1.4%. Il movimento “trascina”, come spesso succede, i mercati asiatici, tutti, seppur con percentuali diverse, positivi: Nikkei + 1,37%, Hong Kong frazionalmente positiva, Shanghai + 0,4%. Da segnalare il rimbalzo di Evergrande (+ 7%) dopo la notizia che avrebbe riavviato l’attività a pieno regime.
In Europa da segnalare il dato sull’economia tedesca: in un sondaggio pubblicato oggi da Il Sole 24 ore compiuto tra 48 associazioni imprenditoriali emerge che ben 39 prevedono un 2022 in netto miglioramento verso il 2021 e 9 pensano che l’andamento rimarrà stabile. Nessuna ha espresso valutazioni negative. Se ne deduce che le previsioni governative sulla crescita del PIL (+ 3,7%, mentre gli economisti della Deutsche Bank arrivano al + 4%) sembrano più che realizzabili.
Futures deboli nei minuti che precedono l’avvio delle contrattazioni.
Petrolio di nuovo forte, con il WTI sopra i $ 75 (+ 0,19% i primi prezzi della giornata).
Stabile il gas naturale, a $ 3,945.
Oro sopra i $ 1.815, + 0,30%.
Spread, come detto, in tensione, seppur leggermente meglio rispetto al minimo di 141 bp fatto segnare ieri mattina: riparte infatti da 135,50 bp, livello che mantiene il rendimento del BTP vicino all’1,10%.
Poco mosso l’€/$ sempre in area 1.1322.
Brusco passo indietro del bitcoin, che scende a $ 49.200 (- 3,5%).
Ps: sappiamo bene come uno dei temi più sensibili oggi sia l’ambiente. La battaglia sul clima oramai coinvolge tutti i Paesi e tutte le generazioni. Solo nel 2021 si calcola che i disastri ambientali abbiano provocato, a livello globale, oltre $ 175 MD di danni ($ 65 MD negli USA, $ 43 MD in Europa, $ 17.6 MD in Asia il costo dei 10 eventi più gravi, $ 20MD in più rispetto all’anno precedente), con oltre 1000 morti e 1.3ML di sfollati. Numeri che forse più di ogni altra cosa aiutano a capire la gravità della situazione.